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soNOSolidale mercoledì 03 giugno 2020 ore 07:51

Morte di George Floyd negli occhi di uno studente

Il 25 maggio 2020 l'Hennepin County Medical Center dichiara la morte di George Floyd nella città di Minneapolis, in Minnesota, Stati Uniti d'America



MINNEAPOLIS — Il 25 Maggio, a Minneapolis, un poliziotto bianco ha ucciso un afroamericano. Di nuovo. Quello di George Floyd, infatti, non è un caso isolato. Negli ultimi anni, soltanto in Minnesota, un piccolo Stato con la metà degli abitanti della Lombardia, ci sono stati altri casi. 

Gli abusi da parte di poliziotti purtroppo non sono un’esclusiva degli Stati Uniti. Certo lì il problema razziale, ancora radicato in alcune parti della società americana, conferisce ai fatti una connotazione in più. Ma non possiamo ignorare quello che avviene nel mondo. Per parlare di fatti recenti: pensiamo a Regeni in Egitto e a Cucchi in Italia, per esempio.

L’inadeguatezza di una parte delle forze dell’ordine, se pur piccola, costituisce un pericolo trasversale, che riguarda tutte le democrazie occidentali. Il video che presenta Floyd soffocato dal peso di un agente, così come le foto del volto livido di Stefano Cucchi dopo una settimana passata in caserma, sono le prove di una comune realtà problematica, da mettere in discussione.

Partendo da lontano possiamo dire che lo status di sicurezza dei cittadini si basa su accordi impliciti che regolano la nostra vita. Alcuni voluti dai nostri nonni, altri dai nonni dei nonni, altri ancora dai nostri politici attuali e noi non possiamo che  prenderne atto. E fa parte di quegli accordi la rinuncia ad alcune delle nostre libertà per ottenere, in cambio, la protezione da parte dello Stato che così dovrebbe garantire la sicurezza di tutti i cittadini.

Ma quando capita che i rappresentanti dello Stato ignorino, come nel caso di Minneapolis, i propri doveri garantisti verso i cittadini, questi vengono a perdere la loro fiducia nelle istituzioni e dunque proprio nello Stato. In effetti come si può avere fiducia in una istituzione che di fronte a episodi in cui qualche scheggia impazzita si serve della forza per reprimere e perfino uccidere, senza apparente motivazione, un uomo inerme, non oppone pronte e decise misure di contenimento? La domanda è imbarazzante e la risposta è difficile da trovare non solo per me, studente di 17 anni, ma credo lo sia per tutti coloro che si aspettano che una struttura statale sia affidabile, solida e nemica di ogni forma di violenza.

Per evitare che si arrivi a porre domande come questa servirà un cambiamento di mentalità, una riforma culturale che coinvolga davvero tutte le forze civili e d’ordine e, insieme, i cittadini e i media. Occorre che si provveda a prevenire le situazioni di rischio. Per esempio, con l'impegno di formare le persone e in particolare i poliziotti ad acquisire una maggiore consapevolezza delle proprie funzioni di protezione e non di oppressione dei cittadini. In questo modo possiamo augurarci di non vedere più situazioni di non-pericolo trasformarsi in momenti di violenza insensata.

Tommaso Becchi

Classe 3C Liceo Classico Michelangiolo, Firenze


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